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500 anni senza Raffaello (1483–1520)

  • dealwithda
  • 6 apr 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 7 apr 2020

Raffaello Sanzio nacque il 6 aprile del 1483 nella città di Urbino.

Il padre Giovanni Santi, anch' egli pittore, lo incoraggiò a studiare le opere di Piero della Francesca che aveva realizzato ad Urbino alcune tra le sue opere più belle.

Il padre, accortosi della sua bravura lo mandò nella bottega del Perugino, il miglior maestro dell’epoca.

Raffaello sboccio molto presto, tanto da lasciare a diciassette anni la bottega del Perugino con il titolo di “magister” che gli diede il permesso di esercitare l'attività di pittore.

Nel 1504 Raffaello realizzò uno dei suoi grandicapolavori: lo Sposalizio della Vergine che oggi si trova alla pinacoteca di Brera a Milano. L'opera si basta su un dipinto del Perugino ma in questa Raffaello mostra di aver superato lo stile della maestro.

Nello stesso anno il pittore si trasferì a Firenze anche se comunque mantenne i rapporti con la corte di Urbino e infatti eseguì per la corte urbinate, i ritratti di Guidobaldo da Montefeltro e di Elisabetta Gonzaga e il dittico con San Michele che abbatte Satana e San Giorgio che uccide il drago.

Contemporaneamente il maestro realizzò due opere destinate alla città di Perugia: la Pala Colonna e Pala Ansidei.

Tra il 1505 e il 1508 eseguì inoltre grandi tavole che rappresentano: la Madonna del Cardellino, la Madonna del prato e la cosiddetta Bella giardiniera, in questi dipinti le figure monumentali sono isolate su uno sfondo paesaggistico.

L'influsso Michelangiolesco, cominciato con i ritratti dei duchi di Urbino, proseguì in altri dipinti come il Giovane con la mela, la Dama del liocorno. Eseguì inoltre a Firenze numerose tavole di devozione privata.

La fama del pittore giunse a Roma, dove il Papa Giulio II gli affidò l'incarico, licenziando tutti gli altri pittori, per la decorazione delle Stanze vaticane. I lavori cominciarono nel 1508 dalla stanza detta della Segnatura che ospitava labiblioteca privata del Papa. Qui dipinse gli affreschi della Disputa del sacramento, della Scuola di Atene e il Parnaso.

Tra il 1511 e il 1513 eseguì gli affreschi della seconda stanza in Vaticano detta di Eliodoro con affreschi che rappresentano: Eliodoro cacciato dal tempio, nel quale come nella Scuola di Atene, l'architettura occupa l'intero sfondo.

Tra il 1514 e il 1516 dipinse due pale d'altare: l'Estasi di Santa Cecilia a Bologna e la Madonna Sistina contemporaneamente eseguì alcuni ritratti di personaggi illustri tra i quali il ritratto di Baldassarre Castiglione,il doppio ritratto che si trova alla galleria Doria a Roma e la cosiddetta Velata.

La sua conoscenza dell'arte classica spinsero il Papa a nominarlo conservatore delle antichità e ad affidargli l'incarico di realizzare una pianta della città di Roma antica della quale oggi non ci resta più nulla, ma l'importanza del rapporto che l' artista aveva con l'arte romana è visibile in opere come l'appartamento Bibbiena, la Loggia di Psiche alla Farnesina, le logge di Leone X e la loggetta in Vaticano dove tutte le decorazioni sono ispirate a modelli romani.

Raffaello morì il 6 aprile 1520, a soli 37 anni, nel giorno di Venerdì Santo. Secondo Vasari la morte sopraggiunse dopo quindici giorni di malattia, iniziatasi con una febbre "continua e acuta", causata secondo il biografo da "eccessi amorosi", e inutilmente curata con ripetuti salassi.

La sua scomparsa fu salutata dal commosso cordoglio dell'intera corte pontificia. Il suo corpo fu sepolto nel Pantheon, come egli stesso aveva richiesto. In seguito, le sue spoglie furono riesumate, e fu realizzato un calco del suo teschio, tuttora esposto e conservato nella sua casa natale

Forse Antonio Tebaldeo, un poeta amico di Raffaello, o più probabilmente il grande umanista Pietro Bembo compose per lui l'epitaffio inciso sulla sua tomba, il cui distico finale così recita:

ILLE HIC EST RAPHAEL TIMUIT QUO SOSPITE VINCI RERUM MAGNA PARENS ET MORIENTE MORI”

“Qui sta quel Raffaello: da lui, quand'era vivo, la gran madre delle cose temette d’esser vinta; e, mentre egli moriva, temette di morire.”







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